DATA DRIVEN INNOVATION, UNA SCOMMESSA VINCENTE PER IL FUTURO
La società 4.0 produce una quantità di dati sempre maggiore. Per ogni applicazione, sito, persino per prenotare un ristorante o iscriversi in palestra, insomma nelle più svariate situazioni, vengono richiesti, prodotti ed elaborati dati. E’ dunque naturale chiedersi se l’aumento dei Big Data vada effettivamente di pari passi con un’evoluzione nelle loro modalità di gestione, in termini di elaborazione e privacy, considerando anche la nuova normativa GDPR che entrerà in vigore il prossimo 25 maggio.
Proprio per fare luce su tutte queste tematiche OGInews non poteva mancare oggi al Data Driven Innovation, il più grande summit in Italia dedicato al mondo dei dati, organizzato dal Dipartimento di Ingegneria di Roma Tre e “Maker Faire Rome – The European Edition” di Innova Camera, dove abbiamo rivolto alcune domande a Gaetano Pellegrino, Senior Consultant di Open Gate Italia, che interverrà sulla questione della formazione e nuove professionalità, per rimanere in tema universitario.
Studi recenti dimostrano che il saldo tra nuove professionalità e posti di lavoro tradizionali persi è positivo e che tra le professionalità più rilevanti c’è quella del Data Scientist? «Per usare le parole del ‘The Economist’, il Data Scientist è “la professione più interessante del ventunesimo secolo, che combina capacità e competenze di tecnologi IT, statistici e divulgatori per estrarre le pepite d’oro nascoste sotto montagne di dati“. Il Data Scientist analizza dati per ricavare le informazioni necessarie ad assumere decisioni e disegnare strategie; non è solo un’analista, non è solo uno stratega del business, non è solo un marketer così come non è solo un information manager. Il frutto delle sue analisi copre trasversalmente tutti i reparti di un’azienda, trasformando i dati in informazioni comprensibili affinché per i vertici le strategie da assumere siano chiare e in qualche modo obbligate.»
Quindi, quali sono le competenze necessarie per diventare Data Scientist? «Il Data Scientist deve sapere gestire, acquisire, organizzare ed elaborare dati; deve avere competenze di tipo statistico, unite alle capacità di storytelling, per comunicare quanto rivelatod dai dati. »
Secondo le ricerche il profilo del Data Scientist sarà uno dei più richiesti nel prossimo futuro, come stanno rispondendo le università? «Alcune hanno già istituito corsi di laurea ad hoc, altre hanno adeguato i programmi dei esistenti. L’obiettivo è quello di andare incontro alla grande richiesta industriale, nazionale e internazionale, di profili professionali capaci di integrare i Big Data all’interno delle industrie digitali, le attività avanzate di business ed i servizi innovativi per i cittadini. I nuovi corsi di studi nascono dalla sinergia tra discipline diverse, come ingegneria, informatica, statistica, scienze economiche e organizzative.»
E per quanto riguarda l’industria come sta affrontando questa rivoluzione? «In Italia il numero di occupati nell’ambito del digitale è aumentato del 15% nell’ultimo anno e si prevede una crescita costante; l’Unione europea parla di 900 mila posti di lavoro legati al digitale da coprire nel 2020. L’analisi dei Big Data è tra le competenze più richieste, soprattutto dalle grandi aziende del settore. Per questo diverse aziende hanno iniziato a promuovere direttamente corsi altamente specializzati per formare i giovani secondo le esigenze dell’impresa.»
Ludovica Palmieri