“Fair Share”, la Commissione UE valuta il contributo delle Big Tech ai costi delle nuove reti di telecomunicazioni
I costi delle reti di telecomunicazioni sono al centro di una discussione sul “fair share”. L’idea di far pagare alle Big Tech i costi di realizzazione delle nuove reti di telecomunicazioni, come quelle in fibra e 5G, è vecchia di 10 anni ed è tornata in auge lo scorso maggio a seguito della pubblicazione del Rapporto “Europe’s internet ecosystem: socio-economic benefits of a fairer balance between tech giants and telecom operators” da parte di ETNO- European Telecommunications Network Operators Association. Tuttavia, le grandi aziende come Google, Facebook, Netflix e Amazon si oppongono alla proposta della Commissione UE di contribuire ai costi delle reti, poiché sostengono già la maggior parte del traffico Internet. Inoltre, affermano che sarebbe contrario al principio della neutralità della rete (sancito dal regolamento UE n 2015/2120) e potrebbe creare una situazione di “Internet a due velocità”. Secondo le Big Tech, gli operatori di telecomunicazioni costruiscono solo l’ultimo tratto delle reti e non dovrebbero pretendere una tassa da chi già investe molto nelle infrastrutture e nell’ecosistema di Internet.
D’altro canto, le grandi aziende del settore content provider sostengono di collaborare strettamente con le telco in diversi ambiti, come il 5G e il cloud, e di investire ingenti somme nello sviluppo di applicazioni e piattaforme, senza le quali le reti sarebbero vuote. A loro parere, i content provider trainano la domanda di servizi di connettività e di rete, contribuendo così all’uso intenso delle reti.
La discussione sul “fair share” è ancora in corso e diverse organizzazioni hanno espresso il loro punto di vista:
mentre le organizzazioni degli operatori come ad esempio il GSMA – Global System for Mobile Communications- e l’ECTA – European Competitive Telecommunications Association – si sono già espresse a favore dell’applicazione del fair share, di contro l’organismo dei regolatori europei, ossia il BEREC- Body of European Regulators for Electronic Communications -, ha pubblicato un parere preliminare dove non vengono rilevati i benefici della sua applicazione.
In generale, le telco realizzano l’ultimo tratto delle reti, mentre i content provider realizzano i cavi sottomarini, le piattaforme e le applicazioni più popolari del web. Tuttavia, la Commissione UE non ha ancora presentato una proposta definitiva e la consultazione pubblica è appena iniziata.
Ma facciamo un passo indietro e ripercorriamo le tappe che hanno acceso la miccia di questo dibattito destinato probabilmente a protrarsi ancora per molto.
Esamineremo, inoltre, come l’approvazione del principio alla base della consultazione indetta dalla Commissione Ue potrebbe impattare sullo sviluppo delle reti a banda ultra-larga sul territorio.
La Commissione UE: “valutare gli investimenti effettuati dalle Telco e dalle Ott sulle reti, sul cloud e sulle tecnologie emergenti”
L’UE si sta impegnando a promuovere un ambiente di concorrenza equo e sostenibile nel settore delle telecomunicazioni. La recente consultazione sul fair share/equo compenso mira proprio a garantire che tutti i fornitori di servizi di telecomunicazioni che utilizzano le infrastrutture di rete degli altri paghino un equo compenso per tale utilizzo.
In generale, l’obiettivo è di raccogliere informazioni dettagliate sui principali attori del mercato delle comunicazioni elettroniche, nonché sui loro investimenti in reti, cloud e tecnologie emergenti. L’UE mira a valutare se gli investimenti sono adeguati per garantire la copertura e la qualità delle reti in tutta l’UE, nonché a valutare l’eventuale introduzione di un contributo equo a carico delle web company per sostenere la realizzazione di infrastrutture di alta qualità.
La consultazione, che si concluderà il 19 maggio, si concentrerà sull’idea di assicurare un “contributo equo” da parte di tutti gli operatori digitali. Le aziende attive nel settore delle tecnologie e delle telecomunicazioni saranno chiamate a rispondere a un totale di 62 domande.
Una volta completata la consultazione, la Commissione Europea proporrà probabilmente una normativa, che dovrà poi essere concordata con i Paesi membri dell’UE prima di diventare legge.
Nel questionario agli intervistati verrà chiesto se i fornitori di contenuti (Caps) e i grandi generatori di traffico (Ltgs) debbano essere soggetti ad un obbligo di pagamenti diretti, al fine di finanziare lo sviluppo della rete.
Il questionario
L’UE ha preparato un questionario per valutare gli investimenti delle telco e delle società di Ott (Over-the-Top) nelle reti, nel cloud e nelle tecnologie emergenti. Questo si concentra su quattro temi: sviluppi tecnologici e di mercato, equità per i consumatori, ostacoli al mercato unico e contributo equo di tutti gli attori digitali. Il capitolo 4, che rappresenta il cuore del documento, chiede agli operatori di specificare la soglia per considerare un’azienda un grande generatore di traffico, quantificare gli investimenti diretti nelle infrastrutture digitali per ottimizzare il traffico di rete e determinare la quota dei costi incrementali di investimento nella rete causati dall’aumento del traffico dati. Inoltre, si chiede quali sono gli investimenti totali previsti per l’infrastruttura di rete e/o altre infrastrutture digitali in grado di ottimizzare il traffico di rete e quali potrebbero essere gli effetti di un meccanismo che obblighi i grandi generatori di traffico a contribuire allo sviluppo della rete e ad avere obblighi sull’impronta ambientale dei servizi forniti dalle reti.
-Equità per i consumatori
Il secondo capitolo del questionario riguarda l’equità per i consumatori. L’UE chiede ai telco e agli OTT di fornire informazioni sulle politiche di gestione del traffico, in particolare sulla priorizzazione del traffico e sulla gestione della congestione. Inoltre, gli operatori devono indicare le misure adottate per garantire l’accesso a Internet a tutti i consumatori, compresi quelli in zone rurali e remote, nonché per garantire l’accesso a servizi di comunicazione elettronica adatti alle persone con disabilità.
-Ostacoli al mercato unico
Il terzo capitolo si concentra sugli ostacoli al mercato unico e sulla necessità di eliminare le barriere all’accesso e alla competizione nei servizi di comunicazione elettronica tra gli Stati membri dell’UE. L’UE chiede ai telco e agli OTT di fornire informazioni sulle difficoltà incontrate nell’offerta di servizi transfrontalieri e sulle azioni intraprese per affrontare questi problemi.
-Investimenti su reti, cloud e tecnologie emergenti
Infine, il primo capitolo del questionario riguarda gli investimenti su reti, cloud e tecnologie emergenti. L’UE chiede ai telco e agli OTT di fornire informazioni sulle loro strategie di investimento, comprese le fonti di finanziamento, nonché sulle tecnologie su cui si concentrano. Inoltre, gli operatori devono fornire informazioni sulle iniziative che stanno intraprendendo per migliorare l’efficienza delle reti, la sicurezza e la protezione dei dati e per sviluppare nuovi servizi e modelli di business.
Fair Share: quali i vantaggi?
-Il fair share/equo compenso promuove la concorrenza sana e sostenibile
L’approvazione del fair share/equo compenso potrebbe favorire la concorrenza sana e sostenibile sul mercato delle telecomunicazioni. I fornitori di servizi di telecomunicazioni avranno gli stessi incentivi per investire nelle loro reti, offrendo servizi di alta qualità e prezzi competitivi ai consumatori. Inoltre, questo principio potrebbe aiutare a prevenire la creazione di monopolio sul mercato, garantendo che tutti i fornitori di servizi di telecomunicazioni abbiano le stesse opportunità di crescita e di espansione.
–Il fair share/equo compenso incentiva gli investimenti in infrastrutture di rete
L’approvazione del fair share/equo compenso potrebbe incentivare le aziende a investire in nuove reti a banda ultra-larga, poiché sapranno che possono ottenere un ritorno sull’investimento grazie all’utilizzo della loro rete. Ciò potrebbe portare a una maggiore disponibilità di reti a banda ultra-larga sul territorio e migliorare la copertura in aree a bassa densità di popolazione.
–Il fair share/equo compenso migliora la qualità del servizio offerto ai consumatori
L’approvazione del fair share/equo compenso potrebbe migliorare la qualità del servizio offerto ai consumatori. Le società avranno maggiori incentivi per investire in nuove tecnologie e migliorare la qualità della loro rete. Ciò significa che i consumatori potrebbero beneficiare di una migliore velocità di connessione, maggiore stabilità e affidabilità del servizio.
Conclusioni
In conclusione, l’approvazione del fair share/equo compenso potrebbe essere un importante passo avanti per favorire la concorrenza equa e la crescita del mercato delle telecomunicazioni. Tuttavia, è importante che questo principio venga implementato correttamente per garantire che tutti i fornitori di servizi di telecomunicazioni abbiano le stesse opportunità di crescita e di espansione.
È di questo parere anche il numero uno di TIM, Pietro Labriola, il quale proprio durante il Mobile World Congress di Barcellona, ha sottolineato l’importanza di un cambio del contesto regolatorio per il rilancio del comparto delle telecomunicazioni. In particolare, ha auspicato un consolidamento del settore e un incentivo al salto verso le nuove tecnologie, al fine di garantire una redistribuzione più equa dei costi legati alla crescita del traffico, attraverso il cosiddetto “fair share”. Per Labriola, il rinnovo della cornice politica e regolatoria per le tlc è un pezzo fondamentale del puzzle da comporre per arrivare a un ecosistema digitale più bilanciato.
Maria Abate