Il domani come opportunità
Oggi, agli albori della “rivoluzione 4.0”, non si fa che parlare di tematiche come 5G, Internet of Things, Intelligenza Artificiale, spesso con una certa inclinazione al pessimismo e al terrorismo psicologico. Il leitmotiv ricorrente, infatti, è che le nuove tecnologie porteranno via il lavoro agli esseri umani, dal momento che i robot saranno in grado di svolgere perfettamente numerose mansioni, senza costi per le aziende.
Un altro punto di vista
Ebbene, perché non provare una volta per tutte ad analizzare la questione da un altro punto di vista?
In altre parole, non è detto che il cambiamento debba essere necessariamente sinonimo di “peggioramento”. Del resto, anche la storia ce lo insegna, tutte le rivoluzioni industriali avvenute nel corso dei secoli, hanno determinato un riassetto totale del mondo del lavoro e le conseguenze di tale ribaltamento, nella maggior parte dei casi, sono state positive.
A livello antropologico, si può notare un’evoluzione insita nella concezione stessa di lavoro, intesa come traslazione dal piano fisico a quello intellettuale. Se si considera che tale migrazione, peraltro ancora in corso, riguarda anche tutti i corollari propri del concetto di lavoro, come impegno, sforzo e fatica, bisogna constatare che l’avvento delle macchine non è stata un’innovazione tanto negativa. Ed è vero che gli strumenti tecnici hanno sostituito gli uomini, ma ciò è avvenuto principalmente per i mestieri più usuranti e degradanti. In altre parole, storicamente il cambiamento provocato dalle rivoluzioni industriali si è sempre tradotto in un miglioramento delle condizioni di lavoro e dunque della qualità della vita.
Anche nel caso della rivoluzione 4.0, si può star certi che per tante professioni che spariranno altrettante ne nasceranno. Infatti, grazie alle nuove tecnologie in arrivo e in fase di progettazione, si renderanno necessarie tante figure professionali che adesso stentiamo ancora a immaginare.