Relazione di Confindustria Radio Televisioni
Relatore: F. A. Siddi, presidente
Uno dei volani principali per spingere la domanda di servizi ultra-broadband verso il 5G è la trasformazione delle piattaforme televisive broadcasting on-demand verso la TV 4.0. Caratterizzata da dimensioni, risoluzioni e user experience di altissimo livello, grazie anche al servizio di TV enhanced.
Lo sviluppo del 5G, infatti, implica l’uso della banda 700 MHz, attualmente utilizzata per i servizi erogati dalla piattaforma terrestre. All’asta per il 5G dell’anno scorso, la banda 700 MHz, definita come “banda pioniera per lo sviluppo dei servizi 5G” è stata acquisita per un valore superiore ai 2 miliardi di euro. In totale, considerando anche le bande 3,7 e 27 Ghz, gli operatori TLC hanno speso circa 6,5 miliardi di euro.
Per i broadcaster il rilascio della banda 700 MHz comporta una riduzione, di oltre il 50%, delle frequenze utilizzate per l’erogazione dei servizi. Solo l’adozione di nuove tecnologie di trasmissione e codifica eviterà alle emittenti di non “spegnere” i propri canali.
La riduzione dello spettro frequenziale in favore del 5G per le imprese le imprese televisive italiane dovrebbe costituire la spinta ad accelerare il processo di trasformazione verso la TV 4.0.
In questa sfida l’Italia è avvantaggiata dal rappresentare un’eccellenza nella produzione di contenuti originali in Europa. Tuttavia, l’attuale regolamentazione è fortemente sbilanciata a favore dei grandi operatori internazionali (OTT) che non solo distribuiscono contenuti in modalità streaming gratuito o a pagamento (i canali YouTube, Netflix, Amazon prime video), ma in alcuni casi producono i contenuti stessi (Netflix, Yahoo, Amazon).
Gli OTT disintermediano il rapporto con l’utente a fini pubblicitari ed editoriali, con riflessi importanti sul mercato pubblicitario, sulla remunerazione della filiera creativa, oltre che sul controllo, la veridicità e la riferibilità delle fonti e delle notizie. Si tratta di soggetti che, operando con economie di scala a livello globale, sono sostanzialmente apolidi, dunque, al di sopra delle legislazioni nazionali. Tematiche come tasse, copyright, occupazione, obblighi di trasmissione, investimenti, norme sui minori, garanzia di pluralismo, li toccano soltanto marginalmente.
Il tema è che i proventi pubblicitari realizzati in Italia da Google, Apple, Facebook e Amazon, comunemente indicati con l’acronimo “GAFA”, non sono stati reinvestiti nel nostro paese. In altre parole, un ingente ammontare di risorse economiche italiane, sia in termini di investimenti pubblicitari che di Big Data, asset centrale di sviluppo e innovazione, vengono quotidianamente sottratti alle imprese audiovisive nazionali che, invece, sono fortemente regolate. L’eccesso di vincoli e oneri legislativi rappresenta un forte ostacolo allo sviluppo delle imprese italiane che trovano sempre maggiore difficoltà nella produzione di contenuti identitari di qualità.
Per fare in modo che le imprese possano vivere il cambiamento in maniera costruttiva, è auspicabile che Governo e istituzioni preservino l’accessibilità, la prevalente gratuità e la presenza generalizzata nelle case degli italiani della televisione digitale terrestre; considerando anche il valore dei contenuti che vengono veicolati attraverso i suoi schermi.
Il modello broadcast, infatti, non dovrebbe essere alternativo all’on line, ma complementare per accompagnare gli utenti in questa trasformazione. È necessario che il rilascio delle frequenze, da completarsi entro il 30 giugno 2022, avvenga in modo graduale e non traumatico per il pubblico. Infatti, in Italia le utenze, sono caratterizzate, ancora oggi, da dotazioni tecnologiche, per la maggior parte, obsolete. Per ovviare al problema, il Governo ha previsto una serie di azioni coordinate per incentivare la sostituzione dei dispositivi ormai superati DVB-T con quelli di nuova generazione: DVB-T2.
L’indagine della Fondazione Bordoni, realizzata in collaborazione con Auditel e Ipsos, ha dimostrato che, a fine 2018, si registravano ancora ben 17,8 milioni di famiglie italiane, su un totale di 24,3, con una dotazione di apparecchi di prima generazione, non idonei alle trasmissioni DVB-T2. L’82,1 per cento del totale.
Alla luce di questi dati, Confindustria ha chiesto un impegno maggiore a Governo e Parlamento per evitare che il costo di questo passaggio tecnologico ricada prevalentemente su famiglie ed imprese.
Avete calcolato l’ammontare di fondi necessario per coprire la porzione più larga di popolazione possibile?
Le Tv locali in Italia svolgono ancora una funzione fondamentale per divulgare l’informazione sul territorio. Gran parte della popolazione, infatti, non è in grado di accedere alle nuove tecnologie. È possibile, dati gli ottimi risultati dell’asta 5G, che una parte dei fondi venga destinata al sostegno di un settore che rischia di essere pesantemente penalizzato da questo cambiamento tecnologico?
È fondamentale una campagna di informazione e di comunicazione sulla TV pubblica e su tutti gli altri media che aderiranno a questa iniziativa.
Il passaggio a DVB-T2 determinerà un aumento della qualità del servizio anche nelle aree campane o montuose dove attualmente non è disponibile?
Come vi immaginate la televisione fra dieci anni?
Lo stanziamento dei fondi attualmente previsto non è sufficiente. I dati raccolti dimostrano che sino al 30 giugno 2022 – data prevista per la definitiva transizione alla nuova tecnologia – la somma necessaria per sostenere il pubblico nell’adozione dei dispositivi compatibili con il DVB-T2, sarà circa il doppio di quella prestabilita.
Le TV locali perderanno molte frequenze rispetto a quelle attualmente utilizzate, ma avranno la capacità trasmissiva necessaria in un’altra banda. Anche perché, il servizio pubblico è chiamato dalla legge a garantire la copertura dappertutto. In alcune aree montane probabilmente servirà ancora un’integrazione satellitare.
Il settore televisivo è in una fase di evoluzione permanente. Ogni volta che c’è un progresso il sistema è chiamato ad adeguarsi nel minor tempo possibile.
Tuttavia, la sfida più importante è sempre sul piano dei contenuti, sia che si tratti di TV tradizionale sia che si di
TV digitale. Confindustria è consapevole del fatto che serviranno investimenti da parte del sistema produttivo industriale e dell’organizzazione delle imprese, anche per supportare il pubblico nei cambiamenti. Dunque, per fare in modo che l’avvento del 5G rappresenti una ricchezza per l’Italia è necessario adeguare la legislazione al cambiamento, affinché possano realizzarsi i più proficui investimenti in ambito di programmazione e progettazione industriale.
Gaetano Pellegrino