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Indice DESI 2021: Italia in crescita sul digitale ma forti ritardi su competenze e capitale umano

14 Dicembre 2021

L’Italia scala qualche posizione, abbandona finalmente la coda della classifica e risale nella classifica europea del digitale ma resta ancora indietro in molti settori: concreti passi avanti nello sviluppo delle reti, ottimo piazzamento per quel che riguarda l’integrazione delle tecnologie digitali (adozione del Cloud in primis) e forti ritardi nelle competenze ed innanzitutto sul capitale umano. E-government in crescita.

Il DESI 2021

Il Digital Economy and Society Index (Desi) è un indice che annualmente riassume gli indicatori sulle prestazioni digitali dell’Europa e tiene traccia dei progressi dei paesi dell’UE dal 2014.

Quella del rapporto Desi 2021, relativa al 2020, di fatto, presenta lo stato dell’economia e delle società digitali nel primo anno della pandemia.

L’edizione 2021 del DESI vede l’Italia al 20esimo posto fra i 27 Stati membri, in risalita dal 25esimo posto dell’edizione precedente. Sono lontanissimi i capifila Danimarca, Finlandia e Svezia. Dietro all’Italia invece, a parziale consolazione, ci sono Cipro, Slovacchia, Ungheria, Polonia, Grecia, Bulgaria e Romania a chiudere. Finalmente non “lottiamo” per l’ultimo posto.

Senza dubbio un’Italia che scala la classifica di cinque punti non si era mai vista ed è una prima buona notizia considerando che, nel frattempo, tutti i paesi dell’Ue hanno compiuto anche loro progressi verso una maggiore digitalizzazione e competitività.

Nel 2021 la Commissione ha adeguato il Desi affinché rispecchiasse le due principali iniziative politiche che avranno un impatto sulla trasformazione digitale nella Ue: il dispositivo per la ripresa e la resilienza e la bussola per il decennio digitale.

Da qui l’analisi fatta su quattro “capitoli”, anziché cinque come nelle altre edizioni, per dati che solo parzialmente comprendono l’effetto della spinta del Covid sul digitale. Se si fosse mantenuto il quinto capitolo, “utilizzo di Internet”, la posizione dell’Italia sarebbe stata addirittura migliore, in virtù dell’estensivo utilizzo della rete, anche per smart working e DAD, e soprattutto dei social.

Vediamo però il posizionamento secondo i quattro capitoli.

1. Capitale umano

Posizione in classifica 25, punteggio DESI 2021 35,1 e punteggio media EU 47,1. È il dato peggiore per l’Italia. «l’Italia è significativamente in ritardo rispetto ad altri paesi dell’Ue» registrando «livelli di competenze digitali di base e avanzate molto bassi», cita il rapporto.

Qualcosa si sta facendo; nel 2020 l’Italia ha varato la sua prima Strategia Nazionale per le Competenze Digitali, che definisce un approccio globale allo sviluppo delle competenze digitali per colmare i divari con gli altri paesi dell’UE.

La strategia comprende quattro assi di intervento e contempla un’ampia gamma di settori e gruppi di destinatari:

  • studenti inseriti in percorsi di istruzione e formazione, per integrare le competenze informatiche nelle scuole primarie e secondarie e nei curricula universitari;
  • forza lavoro attiva, incluse le competenze per la e-leadership (leadership digitale), le competenze digitali di base e quelle avanzate e specializzate;
  • specialisti TIC, per migliorare la capacità del paese di sviluppare competenze per nuovi mercati e nuove professionalità;
  • pubblico in generale, per sviluppare le competenze digitali necessarie a esercitare i diritti di cittadinanza.

Il Piano Operativo correlato, pubblicato a dicembre 2020, traduce la strategia in azioni specifiche e obiettivi ambiziosi per il 2025.

“In conclusione – cita il rapporto – l’Italia deve far fronte a notevoli carenze nelle competenze digitali di base e avanzate, che rischiano di tradursi nell’esclusione digitale di una parte significativa della popolazione e di limitare la capacità di innovazione delle imprese. La Strategia Nazionale per le Competenze Digitali rappresenta un risultato importante e un’opportunità per colmare questo divario”.

2. Connettività

Con un punteggio complessivo pari a 42,4, l’Italia è 23esima tra gli Stati Ue.

Il report della Commissione sottolinea che

«l’Italia ha compiuto alcuni progressi in termini sia di copertura che di diffusione delle reti di connettività, con un aumento particolarmente significativo della diffusione dei servizi di connettività che offrono velocità di almeno 1 Gbps. Tuttavia, il ritmo di dispiegamento della fibra è rallentato tra il 2019 e il 2020 e sono necessari ulteriori sforzi per aumentare la copertura delle reti ad altissima capacità e del 5G e per incoraggiarne la diffusione».

Sul rapporto si legge che

«il 61% delle famiglie è abbonato alla banda larga fissa, un dato leggermente inferiore alla media Ue (77%). La percentuale di famiglie che disponevano di una velocità di almeno 100 Mbps ha continuato a crescere, passando dal 22% nel 2019 al 28% nel 2020, leggermente al di sotto della media Ue del 34%».

Ottimo «il 3,6% delle famiglie che disponeva di una velocità di almeno 1 Gbps nel 2020: un notevole incremento rispetto al 2019 e una percentuale che pone l’Italia al di sopra della media Ue».

Male invece, nonostante che l’Italia sia stata tra i primi a partire, sulla copertura 5G: solo l’8% delle zone abitate contro la media Ue del 14%.

“Negli ultimi anni l’Italia ha perseguito gli obiettivi di connettività dell’UE combinando attività di regolamentazione e politiche pubbliche e adottando misure volte a stimolare l’offerta e la domanda”.

Nel corso del 2020, in particolare, anche ai fini di una risposta rapida alla pandemia di COVID-19, le autorità italiane hanno prestato particolare attenzione al versante della domanda, istituendo la fase I del “Piano Voucher”, Il “Piano Scuole Connesse” e rivisitando il piano nazionale Banda Ultralarga (BUL), mirando a raggiungere e superare gli obiettivi fissati dalla Commissione europea per il 2030, introducendo un obiettivo di almeno 1 Gbps per tutti entro il 2026. Con il PNRR si aggiungono il Piano “Sanità connessa”, il Piano “Collegamento isole minori”, il Piano “Italia 5G” e misure per le costellazioni e i servizi satellitari.

Per la connettività mobile il rapporto evidenzia che “I decreti legge “Cura Italia” e “Semplificazioni 2021” prevedono misure volte ad aumentare la copertura 5G imponendo, in particolare, limitazioni al potere di veto alla posa di antenne da parte degli enti locali.

3. Integrazione delle tecnologie digitali

“L’Italia si colloca al 10º posto nell’UE per quanto riguarda l’integrazione delle tecnologie digitali. La maggior parte delle PMI italiane ha un livello di intensità digitale almeno di base (69 %, ben al di sopra della media UE del 60 %). Le imprese italiane fanno registrare ottimi risultati nell’uso della fatturazione elettronica: il 95 % di esse la utilizza, un dato quasi tre volte superiore alla media UE e frutto di interventi legislativi tra il 2014 e il 2019. Dal 2018 al 2020 la percentuale di imprese che utilizzano servizi cloud è aumentata notevolmente, raggiungendo il 38 % (rispetto al 15 % del 2018). Le prestazioni dell’Italia restano deboli nell’uso dei big data (9% delle imprese italiane contro una media Ue del 14%) come pure l’uso di tecnologie basate sull’intelligenza artificiale (18% mentre la media Ue è del 25%).”

In termini di evoluzione delle politiche, il governo ha rivisto ed esteso ulteriormente le agevolazioni fiscali nel quadro di Transizione 4.0, passando dallo strumento dell’iper-ammortamento al credito d’imposta.

4. Servizi pubblici digitali

“L’Italia si colloca al 18º posto nell’UE per quanto riguarda i servizi pubblici digitali. Nonostante i miglioramenti registrati, l’uso dei servizi pubblici digitali rimane relativamente basso. La percentuale di utenti online italiani che ricorre a servizi di e-government è passata dal 30 % nel 2019 al 36 % nel 2020. Pur trattandosi di un notevole aumento, rimane ben al di sotto della media UE del 64 %. L’Italia ottiene risultati migliori rispetto all’UE per quanto riguarda l’offerta di servizi pubblici digitali per le imprese e gli Open Data. Tuttavia, si colloca al di sotto della media UE in termini di offerta di servizi pubblici digitali per i cittadini e disponibilità di moduli precompilati”.

Nel 2020 e nel 2021 si è registrata una forte accelerazione nell’adozione di importanti piattaforme abilitanti per i servizi pubblici digitali da parte delle pubbliche amministrazioni, evidenzia il rapporto, prevedendo che le nuove riforme previste dal PNRR daranno un ulteriore impulso alla digitalizzazione dei servizi e alla modernizzazione della pubblica amministrazione in tutto il paese.

Le prospettive di crescita “digitale” per l’Italia, però, sono ottime:

“Il Pnrr – si legge nel documento – prevede una tabella di marcia ambiziosa, con riforme e investimenti relativi a tutti gli aspetti del Desi. Per superare i ritardi e colmare il divario tra l’Italia e gli altri paesi dell’Ue sono necessari sforzi costanti e un approccio integrato alle politiche in materia di capitale umano, innovazione e competitività delle imprese”.

Come dichiarato dalla sottosegretaria al Mise, Anna Ascani:

“la risalita in classifica premia gli sforzi che stiamo facendo nel processo di digitalizzazione del Paese e rimane ancora molto da fare».

L’appuntamento è quindi al Desi 2022, per consolidare la crescita e verificare l’efficacia delle misure intraprese.

Arnaldo Merante

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