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Intervista al prof. G.Guzzetta – “Tagliare i deputati serve a poco”

5 Ottobre 2018

Il costituzionalista Guzzetta: per sbloccare le riforme occorre un referendum come nel ’46
Il problema del sistema decisionale è il bicameralismo

Si mettano l’animo in pace, non è con il loro referendum popolare che si ridà la sovranità ai cittadini».

Articolo di Alessandra Ricciardi – Italia Oggi 

Giovanni Guzzetta, costituzionalista, ordinario di diritto costituzionale presso l’Università di Roma Tor Vergata, di referendum ha una certa esperienza: presidente del comitato promotore dei referendum del 2009 sulla legge elettorale, già nel 1993 ideatore dei quesiti per il referendum elettorale, nel 2016 è stato coordinatore del comitato InsiemeSicambia per il sì al referendum sulla riforma costituzionale del governo Renzi. Nel 2011 entra nel governo Berlusconi come capo di gabinetto dell’allora ministro della Funzione pubblica, Renato Brunetta. Circa i due disegni di legge di riforma costituzionale presentati dal Movimento5Stelle e dalla Lega, per la riduzione del numero dei parlamentari e il referendum popolare, è lapidario: «Presentano obiettivi anche condivisibili, ma la realizzazione è discutibile e contengono una alta dose di pubblicità ingannevole».

Domanda. Il primo obiettivo è tagliare il numero dei parlamentari da 945 a 600, tra camera e senato. Il ministro dei rapporti con il parlamento, Riccardo Fraccaro, ha detto che oggi sono troppi rispetto alla media Ue. Concorda?

Risposta. È vero, il parlamento italiano ha più deputati rispetto agli altri paesi, una riduzione è più che appropriata, ma eviterei di evocare la norma voluta dall’assemblea costituente che prevedeva un numero variabile in base alla popolazione: se non si fosse intervenuti nel 1963 per indicare un numero fisso oggi solo alla camera avremmo 750 deputati invece di 630.

D. L’operazione, dice il leghista Roberto Calderoli, non è solo numerica, anche se serve a risparmiare 100milioni l’anno, ma è anche funzionale a migliorare la produttività del parlamento.

R. No guardi, ridurre il numero dei parlamentari non serve affatto a migliorare il procedimento decisionale. Già le singole camere, per via regolamentare, hanno introdotto norme che hanno ridotto il ricorso a interventi ostruzionistici, il vero problema però è il bicameralismo perfetto. Se non si intervenire sulla struttura e sulle funzioni di un parlamento in cui ci sono due camere che fanno le stesse cose, il procedimento decisionale resta quello attuale, e il governo sarà sempre costretto a ricorrere alla decretazione d’urgenza. In tal senso, il ddl fa un po’ di ecologica partitocratica, ma nulla più.

D. Ci ha provato Matteo Renzi a eliminare il bicameralismo perfetto, al referendum gli italiani lo hanno bocciato.

R. Renzi ha trasformato il voto del 4 dicembre 2016 in un voto politico. La domanda non era volete la riforma o no, lui chiedeva agli italiani se volevano far vincere lui o no. Prima ha rotto il patto del Nazareno e poi ha preteso di personalizzare il conflitto pensando di ottenere un dividendo politico da una riforma che invece doveva essere nell’interesse generale. Il risultato negativo ha un chiaro responsabile. Un’occasione persa.

D. Le riforme giallo-verdi prevedono anche maggiori poteri legislativi per il popolo attraverso lo strumento del referendum. Che ne pensa?

R. C’è un’alta dose di pubblicità ingannevole in quel disegno di legge, si dice che non si vuole scalfire la democrazia rappresentativa ma al tempo stesso si prevede un referendum popolare che si sostituisce alle camere. Tra l’altro senza precisare se sull’argomento, disciplinato per via referendaria, il parlamento possa intervenire successivamente.

D. Se la proposta dovesse diventare legge, cosa cambierebbe in termini di democrazia diretta?

R. Potranno essere presentate proposte di iniziativa popolare, corredate di 500 mila firme, e il parlamento sarà tenuto ad esaminarle e approvarle entro 18 mesi. Se non si esprime o la fa su un testo diverso, si passa al referendum popolare. E in questo caso non è necessario nessun quorum, vince la proposta che ha più voti. Il nuovo meccanismo vale per le materie di legislazione ordinaria, e non costituzionale.

D. Un esempio?

R. Potremmo essere chiamati a decidere come regolamentare i veicoli a trazione animale, ma non se vogliamo o meno l’elezione diretta del presidente della repubblica. Saremmo chiamati non a dare mandato sulle regole del sistema democratico, ma ad occuparci di materie specifiche, su cui non abbiamo nessuna competenza. Un referendum di questo tipo in Europa non esiste.

Leggi l’intera intervista QUI

 

 

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