Non solo gas: l’Europa alle prese con la crisi dei chipset
Negli anni 90’ la UE era tra i leader nella produzione
All’inizio degli anni Novanta la produzione mondiale di semiconduttori era concentrata fra Stati Uniti, Giappone e, difficile da credere, l’Europa. Proprio l’Europa guardava tutti dall’alto con una quota del 44%.
Poi qualcosa è cambiato: un recente studio della European Semiconductors Industry Association stima che la quota europea di produzione dei chip nel mercato globale fosse del 40% degli anni Novanta per passare al 13% nel 2010 ed al 10% nel 2020.
Ad oggi, se design e ricerca si concentrano negli Stati Uniti, la produzione è in mano all’Asia: a Taiwan viene fabbricato il 60% dei chip di tutto il mondo, che viene assemblato, collaudato e imballato perlopiù in Cina. Nei settori dove la miniaturizzazione conta di più, la concentrazione è più visibile.
I dati che riguardano le foundries, i mega produttori che stampano chip in conto terzi, destinati a prodotti d’avanguardia come smartphone e tablet, mostrano la taiwanese Tsmc al 56% delle vendite di questo business fondamentale, la coreana Samsung al 16%, l’altra taiwanese Umc al 7% (stime di S&P Global).
La produzione dei chip prevede competenze specifiche e cospicui investimenti, sia nella fase iniziale, per la costruzione degli impianti e l’acquisto di attrezzature e materie prime, sia in seguito su ricerca e sviluppo, finalizzati a realizzare chip sempre più piccoli, sempre più potenti ma sempre meno energivori.
Ad oggi, se design e ricerca si concentrano negli Stati Uniti, la produzione è in mano all’Asia: a Taiwan viene fabbricato il 60% dei chip di tutto il mondo, che viene assemblato, collaudato e imballato perlopiù in Cina.
La filiera produttiva dei semiconduttori è diventata uno degli esempi principali dell’interdipendenza tra Stati nella globalizzazione: nessuno Stato ha il controllo completo della filiera, che quindi risente delle relazioni geopolitiche tra Stati diversi.
Nel 2020 sono stati prodotti in tutto il mondo 1000 miliardi di semiconduttori e l’industria prevede un raddoppio della domanda entro il 2030.
È quindi anche un business la cui forte crescita non si può trascurare.
Il Chips Act UE
E così, ad un contesto post-pandemico critico, da alcuni mesi si è aggiunta la crisi tra Cina e Taiwan, principale produttore di chip per gli stati occidentali, USA in testa.
Questo ha reso la situazione simile alla crisi del gas dell’ultimo anno e ha spinto la UE ad emanare, in modo smile agli USA, un suo Chips Act.
L’ European Chips Act, la proposta di legge europea sui semiconduttori, ha come obiettivo garantire l’approvvigionamento di chip agli Stati membri dell’UE e sviluppare una leadership europea nel design e nella produzione di semiconduttori.
Dal POS alla lavatrice, dall’automobile al cellulare: tutti gli oggetti smart sono oggi dotati di un chip. Ciascun chip è composto da una sottilissima piastrina di silicio, materiale semiconduttore, su cui vengono inserite componenti elettroniche a semiconduttore come i transistor.
I materiali semiconduttori, capaci cioè di farsi attraversare dalla corrente elettrica a particolari condizioni, a metà tra un conduttore e un isolante, sono quindi componenti strategiche per l’industria manifatturiera, specie in chiave 4.0 ma non solo.
“European Chips Act” è quindi la “legge europea sui semiconduttori”: approvata l’8 febbraio 2022 dalla Commissione Europea, prevede lo stanziamento di 43 miliardi di euro per la creazione di una filiera europea di design e produzione dei chip.
L’obiettivo è raddoppiare, entro il 2030, la produzione di semiconduttori.
Il “pacchetto” del Chips Act comprende una comunicazione, due proposte di regolamento e una raccomandazione:
- la comunicazione illustra la strategia europea e le motivazioni alla base del Chips Act;
- le proposte di regolamento sono gli interventi legislativi veri e propri;
- la raccomandazione è un documento che definisce gli strumenti di monitoraggio dell’ecosistema dei chip con azioni immediate suggerite agli Stati membri.
Le cifre stanziate dovranno essere impiegate:
- nella realizzazione di nuove fabbriche,
- nel potenziamento di quelle già operanti nel settore,
- nel supporto di aziende e startup che si occupano di sviluppare software e hardware di settore.
La Commissione Europa ha calcolato che nel 2021, siano stati fabbricati più di 1000 miliardi di chip nel mondo, quasi 140 per ogni persona sulla terra. E la domanda è in continua crescita, per due motivi principali:
- l’aumento della richiesta dei consumatori di prodotti elettronici,
- l’uso sempre maggiore di semiconduttori collegato alla diffusione dell’IA e del big data management.
‘Ma servono più soldi‘
A fronte del piano presentato però, i leader regionali e locali dell’UE hanno chiesto investimenti maggiori per aumentare la produzione di semiconduttori in Europa e ridurre quindi la dipendenza dai fornitori di materie prime, prodotti intermedi o semiconduttori provenienti da paesi terzi.
Questo è il messaggio espresso in una serie di raccomandazioni che il Comitato europeo delle regioni (CdR) ha adottato lo scorso 12 ottobre.
I membri del CdR hanno inoltre sottolineato l’importanza del Green Deal europeo nel settore dei semiconduttori e il suo potenziale in termini di economia circolare, riutilizzo e riciclaggio dei materiali, ed efficienza energetica.
Hanno chiesto più aiuti per il monitoraggio delle catene di approvvigionamento dei semiconduttori, a causa delle difficoltà nell’ottenere dalle imprese informazioni affidabili sulla sostenibilità e diversità dei loro prodotti.
Il relatore Thomas Schmidt (DE/PPE), ministro dello Sviluppo regionale del Land Sassonia, ha dichiarato che
“la normativa europea sui semiconduttori è un’iniziativa molto importante che il Comitato delle regioni appoggia con decisione. Dobbiamo fare leva sui nostri punti di forza nel settore europeo dei semiconduttori e sfruttare il nostro potenziale. C’è soprattutto bisogno che la ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie ricevano un sostegno mirato. Nel complesso, l’UE e gli Stati membri devono investire di più per stimolare energicamente l’industria europea dei semiconduttori. È per questo motivo che le risorse finanziarie per la normativa europea sui semiconduttori dovrebbero far parte del prossimo QFP (Quadro finanziario pluriennale – piano che definisce quanto viene investito nelle politiche che rafforzano il futuro dell’Europa) che inizierà nel 2028. Il vantaggio principale di questa normativa risiede nella sicurezza degli approvvigionamenti di semiconduttori per l’industria europea, e tutte le regioni d’Europa ne trarranno beneficio“.
Gli ultimi passi
Il primo dicembre l’orientamento generale concordato sull’European Chips Act, in seno al Consiglio Competitività, formalizza la posizione negoziale dei Ventisette in vista del trilogo (negoziato interistituzionale tra Consiglio dell’Ue e il Parlamento Europeo, mediato dalla Commissione), che inizierà non appena gli eurodeputati avranno adottato la propria posizione in sessione plenaria.
Per quello che riguarda gli aspetti finanziari, l’European Chips Act mobiliterà 43 miliardi di euro in investimenti pubblici e privati, concentrandosi su tre pilastri fondamentali.
- Chips for Europe Initiative, l’iniziativa che metterà in comune le risorse dell’Unione, degli Stati membri, del settore privato e dei Paesi terzi associati ai programmi esistenti Ue per sostenere lo sviluppo di capacità tecnologiche e le relative attività di ricerca e innovazione.
- Un nuovo quadro per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento e la resilienza, attirando maggiori investimenti,
- Un meccanismo per monitorare la catena di fornitura dei semiconduttori e coordinare le azioni in situazioni di crisi.
Per rispettare l’accordo inter-istituzionale sul Quadro finanziario pluriennale Ue 2021-2027, il mandato del Consiglio non include la riassegnazione dei fondi disimpegnati da Horizon Europe: per questo motivo i Ventisette chiedono alla Commissione di cercare soluzioni alternative per mantenere il bilancio complessivo di 3,3 miliardi di euro.
Infine si delinea con l’European Chips Act anche l’istituzione di un nuovo strumento giuridico: un Consorzio europeo per l’infrastruttura dei chip (Ecic), in grado di attuare azioni e altri compiti finanziati nell’ambito della Chips for Europe Initiative, dovrebbe avere una natura volontaria e aprirsi anche ad altre forme giuridiche di cooperazione.
La Redazione di Open Gate