8 – 12 Agosto
Cinque giorni. Tanto è durato l’accordo stipulato dal leader di Azione Carlo Calenda con il Segretario del PD Enrico Letta in vista delle elezioni del 25 settembre. Nel primo pomeriggio di sabato 7 agosto, negli studi di Mezz’ora in più, Calenda annuncia a Lucia Annunziata la decisione di non proseguire nell’alleanza con il Partito democratico. A motivare la scelta (definita “una delle più sofferte della mia carriera politica”) è l’allargamento dell’alleanza di centrosinistra a Sinistra italiana, Verdi e Impegno civico, ritenuti “pezzi stonati” incompatibili con i valori e gli ideali di Azione.
La giravolta di Calenda provoca reazioni dure nel PD (“mi pare che l’unico alleato possibile per Calenda sia Calenda stesso” attacca Letta) e porta alla spaccatura tra Azione e +Europa: il partito di Della Vedova rimane infatti fedele all’accordo sottoscritto con i dem e accusa l’ex alleato, che secondo Emma Bonino ha compiuto un “voltafaccia truffaldino”.
La rottura di Azione con il PD riapre alla possibilità di dar vita ad un terzo polo centrista. Poche ore dopo l’annuncio di Calenda, il leader di Italia Viva Matteo Renzi twitta come ci sia “una opportunità straordinaria” per la creazione del Terzo Polo.
Dopo alcuni giorni di incontri, giovedì 11 agosto Calenda e Renzi annunciano – tramite i propri canali social – il raggiungimento di un accordo per la presentazione di una lista unica alle prossime elezioni. Su Twitter, il segretario di Azione annuncia la nascita “per la prima volta [di] un’alternativa seria e pragmatica al bipopulismo di destra e di sinistra che ha devastato questo paese e sfiduciato Draghi” e ringrazia Renzi “per la generosità”. L’ex premier si affida invece a Facebook, dove pubblica un lungo post: il Terzo Polo è “una casa nuova, bella, che riaccenda la passione per la politica e la speranza dell’Italia. Una proposta concreta, competente, seria sul lavoro, sull’ambiente, sulle tasse, sulla cultura, sul sociale. E sulla posizione internazionale dell’Italia. […] Il 25 settembre troverete sulla scheda elettorale anche questa possibilità: non accontentatevi dei meno peggio, mandate in Parlamento persone di qualità”.
A guidare la coalizione sarà Calenda (che avrà il proprio nome sul simbolo, mentre quello di Renzi non sarà presente), perché – continua il leader di IV su Facebook – “il progetto del terzo polo è molto più grande dei singoli destini personali e io con impegno e tenacia sarò in campo per dare una mano e farlo vincere. Dico alla comunità di Italia Viva: adesso tutti al lavoro con Carlo e gli amici di Azione per salvare l’Italia dai sovranisti e dai populisti”.
Se Calenda sarà il front-runner dell’alleanza, i seggi saranno divisi equamente 50-50; i due leader dovranno poi accordarsi sulla quota da lasciare a Lista Civica Nazionale, il movimento dell’ex sindaco di Parma Federico Pizzarotti, che ha annunciato la propria alleanza con Italia Viva.
Si chiama “Per l’Italia” ed è composto da 15 punti il programma comune su cui gli alleati di centrodestra hanno raggiunto l’accordo (ogni partito presenterà anche il proprio programma, molto più lungo e dettagliato).
Il testo racchiude tutti i principali cavalli di battaglia delle forze politiche, dalla flat tax (riguardo la quale non è specificata una aliquota, viste le perplessità di Giorgia Meloni) al presidenzialismo, passando per immigrazione (con il ripristino dei decreti sicurezza e il controllo alle frontiere), sostegno alla natalità, riduzione del cuneo fiscale, innalzamento del limite all’uso del contante, sostituzione del reddito di cittadinanza con “misure più efficaci”, flessibilità in uscita dal lavoro; rilevanti anche il punto sulla politica estera – che apre il programma –, con cui si ribadiscono il rispetto degli impegni assunti nell’Alleanza atlantica, la “piena adesione al processo di integrazione europea” e il sostegno all’Ucraina, e l’impegno ad utilizzare a pieno i fondi PNRR. Riguardo l’emergenza Covid, vengono proposti comportamenti virtuosi ma “senza la compressione delle libertà individuali”.
Infine, sono previste misure su cultura e turismo (promozione del Made in Italy e del patrimonio artistico nazionale), l’obiettivo dell’autosufficienza energetica – “senza veti” e ricorrendo anche al “nucleare pulito” –, il rispetto degli impegni internazionali contro il cambiamento climatico, la promozione della politica agricola comune, la revisione dei percorsi scolastici “in senso meritocratico e professionalizzante” e l’introduzione del prestito d’onore per l’iscrizione all’università e di borse di studio per meriti sportivi.
Intanto, mentre Meloni si candida ufficialmente a guidare il Governo (“Se il nome per Palazzo Chigi sono io? Se FdI prenderà un voto in più, sì? Perché no?”) e riceve l’endorsment di Berlusconi (“sarà adeguata”), nella mattina di venerdì fanno discutere le dichiarazioni del leader di Forza Italia, che a Radio Capital dichiara come “se la riforma [del presidenzialismo] entrasse in vigore sarebbero necessarie le dimissioni [di Mattarella] per andare all’elezione diretta del capo dello Stato“. Non si fanno le reazioni dal centro e da sinistra, con Letta che commenta come la destra voglia “modificare la Costituzione in senso peggiorativo”, mentre Conte allude addirittura a un Berlusconi “primo Presidente della nuova Repubblica presidenziale”. Immediata la replica del Cavaliere: “Non ho mai attaccato il Presidente Mattarella, né mai ne ho chiesto le dimissioni. Ho solo detto una cosa ovvia e scontata, e cioè che, una volta approvata la riforma costituzionale sul Presidenzialismo, prima di procedere all’elezione diretta del nuovo Capo dello Stato, sarebbero necessarie le dimissioni di Mattarella “che potrebbe peraltro essere eletto di nuovo”.
Tornando alla coalizione, le liste di centro annunciano la nascita di una lista unica, “NOI moderati”, composta da Noi con l’Italia di Lupi, Italia al Centro di Toti, Coraggio Italia di Brugnaro e l’UDC di Cesa.
Dopo giorni di discussioni, il centrodestra riesce a trovare l’intesa sul candidato Presidente della Regione Sicilia.
Dopo le dimissioni di Nello Musumeci, Forza Italia rivendica la guida della Regione e spinge per la candidatura di Stefania Prestigiacomo, sulla quale c’è il via libera della Lega ma non di Fratelli d’Italia (“una cosa non ci si può chiedere: sostenere un candidato che saliva sulla Sea Watch con il Pd” ha dichiarato Meloni). Dopo il passo indietro del Governatore uscente Musumeci (“Basta con questo interminabile mercato nero dei nomi. Cercatevi un candidato che risponda alle vostre esigenze. Mi rendo conto di essere un presidente scomodo. Torno a fare il militante”), nel pomeriggio di venerdì gli alleati trovano l’accordo sul nome di Renato Schifani.
Non si placano le polemiche in casa 5 Stelle intorno alle parlamentarie.
La decisione di non concedere deroghe al divieto di doppio mandato ha tenuto fuori moltissimi big del MoVimento (Fico, Crimi, Taverna, Bonafede), tra cui Virginia Raggi, che entra in aperta polemica con Giuseppe Conte: per l’ex Sindaca di Roma “secondo le nostre regole interne, quella del doppio mandato e del mandato zero, ritengo che sarei stata perfettamente candidabile”, mentre secondo Conte “non è candidabile” perché “vale il doppio mandato per tutti, considerando quello zero comunque sta svolgendo un terzo mandato”.
Rientra tra i candidati alle prossime politiche l’ex Sindaca di Torino Chiara Appendino, mentre rimangono fuori Rocco Casalino e Alessandro Di Battista, con quest’ultimo che pubblica sui propri social un duro sfogo con cui spiega le ragioni della mancata candidatura (“da Grillo passando per Fico non mi vogliono, per una serie di ragioni, forse perché temono il fatto che io sia poco imbrigliabile”) e attacca Beppe Grillo, che “ancora, in parte, fa da padre padrone, e io sotto Grillo non ci sto. Perché in questo momento politicamente io di Grillo non mi fido”.
Venerdì 12 agosto, ore 14:00